LXV
Sì canta l’empia; e’l giovinetto al sonno
Con note invoglia sì soavi e scorte.
Quel serpe a poco a poco, e si fa donno
Sovra i sensi di lui possente e forte.
Né i tuoni omai destar, non ch’altri, il ponno
Da quella queta immagine di morte.
Egli gli va sopra, di vendetta vaga.
LXVI
Ma quando in lui fissò lo sguardo, e vide
Come placido in vista egli respira:
E ne’ begli occhi un dolce atto che ride,
Benchè sian chiusi, (or che fia s’ei gli gira?)
Pria s’arresta sospesa: e gli s’asside
Poscia vicina, e placar sente ogn’ira
Mentre il risguarda: e in su la vaga fronte
Pende omai sì, che par Narciso al fonte.
Nel canto quattordicesimo della Gerusalemme liberata, Torquato Tasso lascia un’immagine che da capolavoro a sua volta diventerà materia di altri mirabili capolavori in musica e in pittura. L’amore di Rinaldo e Armida fu vivace materia per il genio musicale di Jommelli e di Haydn ad esempio ma soprattutto l’azione sospesa dell’uccisione e la trasformazione dell’ira in amore furono per la pittura del Seicento e del Settecento temi di grande spunto compositivo. Raffigurarono mirabilmente questo tema Nicola Poussin in un dipinto datato tra il 1628-1629 conservato alla Duwich Picture Gallery di Londra o François de Troy in un’opera dipinta tra il 1735-1745 e conservato a Lille nel Musèe des Beaux Arts e ancora Honoré Fragonard in un dipinto conservato presso la Galleria Nazionale d’Armenia di Yerevan.
L’opera qui presentata si data verso la metà del XVIII secolo e si colloca in un ambito di scuola romana vicino alla pittura di Andrea Casali. Si notino le delicatezze dei volti e dei panneggi, la ricercatezza dell’abbigliamento e particolari che ci rimandano al rococò capitolino di Sebastiano Conca e Francesco Trevisani. Note unite ad un gusto che ha conosciuto la pittura internazionale di Parigi e Londra.