Ci è noto che il Cipper arriva a Milano nel 1696 e da allora sarà uno dei più noti e apprezzati pittori dalla sfera intellettuale milanese. Soprannominato “Todeschini” per le sue origini, riceve anche il patrocino della nobiltà austriaca allora presente a Milano. Il Cipper è il pittore dei poveri, dei mendicanti, delle scene quotidiane della gente comune che, senza vergogna, mostra le proprie debolezze e le proprie miserie nei volti segnati e negli abiti logori. I suoi personaggi dimostrano la dignità del vivere nelle fatiche, essi patiscono con accettazione bonaria e con una vena di ironia. Come in questo dipinto, dove i popolani divertiti partecipano alla scena e quelli che si rivolgono allo spettatore lo invitano al loro momento di ilarità. La scena si avvicina ad altre opere del Cipper come quella conservata al Museo Civico Ala Ponzone di Cremona o alla Scena di genere della collezione A. Geri citata dalla Fondazione Zeri. Gli strumenti, gli attrezzi, il cibo, i cocci di un vaso rotto a terra sono nature morte sparse, un esercizio di stile quasi per dimostrare che, oltre alle figure, Cipper è anche un pittore di nature morte, tutto sembra causale ma in realtà la scena è studiata e la luce ben calibrata. Del resto le prime opere note del Cipper sono dipinti di nature morte seguendo la tradizione di Monsù Bernardo, pittore danese attivo a Milano.
2022.95.41