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Antichità Giglio

Carlo Dolci (Firenze 1616 - 1686) San Lorenzo

COD. 1168
Carlo Dolci (Firenze 1616 - 1686) San Lorenzo

Olio su tela cm 82x60. Iscrizioni: CAROLUS DOLCIUS FLORENTINUS FACT. 1653 (sulla graticola)

Provenienza: Milano, asta Finarte, 24 aprile 1978, lotto 25, tavola VII. 

Corredata da scheda attributiva della dottoressa Francesca Baldassari di seguito riportata.


Dopo il suo passaggio sul mercato antiquario milanese negli anni Settanta del Novecento, si erano perse le tracce del dipinto, solo pubblicato con foto in bianco e nero nelle mie due monografie dedicate a Dolci a distanza di vent’anni, in cui costatavo la sua persistente irreperibilità 1. L’odierno recupero, seguito dall’intervento di restauro, ha permesso non solo di riportare la tela all’originario formato ovale e di leggerne la firma e la data 1653 - consentendoci di fissare un significativo punto fermo nel catalogo dell’artista, la cui attività si protrasse per un sessantennio-, ma anche di apprezzare le consuete qualità disegnative e pittoriche di Dolci.      

Protagonista della tela è il diacono Lorenzo, nato in Spagna nel 226 d. C. da famiglia nobile e scelto per le sue straordinarie virtù dal futuro papa Sisto II che lo portò con sé a Roma, affidandogli il compito di amministrare i beni e le offerte per le attività caritative della diocesi.  Quando il prefetto imperiale gli chiese di consegnargli i tesori della Chiesa romana, Lorenzo li vendette per distribuire il ricavato ai poveri e con una turba di malati, indigenti ed emarginati si presentò al tiranno, indicandoli come i ‘veri tesori’ della Chiesa. Fu fatto decapitare, quando era poco più che trentenne, in seguito all’editto di Valeriano (258) di mandare a morte tutti i vescovi, i presbiteri e i diaconi.

Dolci ci consegna un bellissimo giovane a mezzo busto, avvolto in un manto azzurro che lascia scoperti il petto e la spalla sinistra. L’atteggiamento di Lorenzo è estatico, con gli occhi rivolti al cielo, la mano destra scorciata in segno di reverenziale accettazione del proprio destino, la sinistra impegnata a reggere la palma del martirio e il suo attributo ricorrente: la graticola su cui, secondo la tradizione popolare, avrebbe subito il supplizio. Ogni allusione alla brutalità della tortura è accuratamente evitata da Carlino che, come di consueto, si soffermò sulla sincera devozione dell’immagine e sul naturalismo del corpo, sapientemente modulato attraverso la luce nella muscolatura. La semplicità incisiva della rappresentazione esalta la dolcezza infinita del suo volto, valorizzato dal mento tondo, le rosse labbra carnose dischiuse e la fronte alta. Dettagli di particolare finezza sono i lunghi capelli di cui si contano i riccioli più chiari e quelli più scuri, i fili delle ciglia degli occhi castani e le lumeggiature del ferro della graticola che ribadiscono il talento di naturalista del pittore.   

La tela rientra alla serie di dipinti eseguiti da Dolci agli inizi degli anni Cinquanta, quando notevole è la produzione di singole figure a mezzo busto, destinate alla devozione privata di una committenza di alto rango, che condivideva i suoi profondi sentimenti religiosi. Quasi certa la destinazione dell’opera al di fuori delle mura fiorentine, come indica la ‘latinizzazione’ del proprio nome (CAROLUS DOLCIUS) vergato di sua mano, insieme alla data 1653, nella graticola. Allo stesso modo Dolci si presentò, ad esempio, nel Martirio di sant’Andrea eseguito nel 1643 per Paolo del Sera perché lo portasse a Venezia (oggi al Birmingham Museum and Art Gallery di Birmingham) e nel David con la testa di Golia dipinto nel 1670 per l’inglese John Finch oggi al Museum of Fine Arts di Boston.

All’interno del catalogo di Dolci, appaiono particolarmente strette le affinità, nel tono emotivamente coinvolgente dello sguardo e in alcuni tratti somatici del volto, con la Speranza eseguita nello stesso 1653 per il marchese Bartolomeo Corsini, ancora oggi nella galleria fiorentina di famiglia. A quest’altezza cronologica il linguaggio maturo ed altissimo dell’artista si apprezza nella tornitura delle forme levigate e nel panneggio del manto azzurro che impreziosisce la marcata spiritualità dell’immagine.

                                               Francesca Baldassari


1 F. Baldassari, Carlo Dolci, Torino 1995, p. 117, n. 88; Eadem, Carlo Dolci. Complete Catalogue of the Paintings, Florence, 2015, p. 208, n. 104


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