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Antichità Giglio

Giovanni Ermans, Commode, 1765 circa

COD. 1421
Giovanni Ermans, Commode, 1765 circa

impiallacciata e intarsiata in legni vari

Giovanni Ermans

Commode, 1765 circa

impiallacciata in legno di violetto e intarsiato in legni diversi, piano lastronato in rari diaspri e applicazioni in bronzo dorato

Opera corredata dalla scheda attributiva del professor Alvar González- Palacios riportata di seguito


La lieve curva formata dalle zampe slanciate confluisce nel corpo bombato, con fianchi incavati. La fronte ha una decorazione che ignora la divisione fra i due cassetti con un motivo di tralci di convolvoli sul perimetro e al centro un anello. Il solo motivo perimetrale si ripete sui fianchi. Gli intarsi si dispongono su un fondo in legno rosa ripartito in riquadri in modo da sfruttare le venature per formare un disegno geometrico, campeggiante su fondi di legno violetto. Rifiniture a rocailles, volute e motivi a conchiglia in metallo dorato si dispongono sui piedi, sulle tre estremità basse e ondulate di faccia e fianchi; sugli spigoli vanno a marcare sia la parte convessa sia, più brevemente l’estremità alta. Un ciglio in bronzo dorato profila il piano sagomato, rivestito in due tipi di rari diaspri.

Cm 92,5x152x64; il solo piano cm 4x152x64

Nel 1973 identificai presso un antiquario romano (Antonacci Efrati) questa commode, di gusto francese, interamente impiallacciata di legni rari e ornata di metalli dorati che appaiono invece di gusto italiano eccezion fatta dei sabots che sono decisamente Rococo e dunque più parigini. Le tarsie sono semplici quanto delicate, limitandosi a dei tralci di convolvolo tenuti fermi da nastri. Più lussuoso ancora è il piano di costosi e rari diaspri di due tipi, evidentemente più costosi dei marmi di solito destinati a questo tipo di mobilia di lusso. Scrissi allora come quel comò fosse vicino allo stile di Giovanni Ermans, ebanista attivo a Roma verso il 1765.[1] Scrivevo così perché già da diversi anni mi erano noti due meravigliosi comodini[2] ai quali il mobile qui in esame può essere paragonato. Si tratta di due arredi documentati come lavori dell’ebanista Giovanni Ermans per il Cardinale Flavio II Chigi nella sua dimora suburbana sulla via Salaria.

I documenti nell’Archivio Chigi in Vaticano descrivono “2 comodini con suoi sportelli…tutti impillicciati di legno di Portogallo con suoi fondi violetto pavonazzo con intarsiature di legni vari colori lavorati puliti ricercati…”. La descrizione rientra in un lungo elenco di lavori fatti da Giovanni Ermans fra il dicembre 1765 e l’ottobre 1766 per il Cardinale in quella stessa Villa.

Il comò che oggi commentiamo proveniva anch’esso da casa Chigi quando lo illustrai nel 1973. E in uno dei documenti Chigi che trovai allora con l’aiuto di Giovanni Incisa della Rocchetta si affermava che molti dei lavori di ebanisteria eseguiti per la Villa sulla Salaria del Cardinal Flavio erano affidati a Giovanni Ermans.

Su Giovanni Ermans ancora oggi si sa poco: nel 1982 uno studioso americano V. Hyde Minor riportava la notizia data nel periodo romano dell’epoca, il Diario Ordinario del Chracas, di un altare impiallacciato di radica di noce esposto dal “virtuoso ebanista Giovanni Ermans, romano, nella piazza Rondanini, lavoro molto bene eseguito con ottimo disegno e direzione dell’architetto Melchiorre Passalacqua” (25 febbraio 1764).[3] A quanto risulta Ermans era attivo ancora nel 1790, come si deduce da un gruppo di mobili per la Spezieria di Santo Spirito in Sassia a Roma che denotano anche la sua non comune capacità come intagliatore.[4]

Nella seconda delle aste in cui si vendettero a Roma buona parte dei beni del Principe Don Gerolamo Rospigliosi (12-24 dicembre 1932) comparvero due comò e due comodini pressoché identici al comò qui studiato: essi però appaiono più semplici dei mobili Chigi già visti. Quegli arredi, di cui l’ubicazione attuale mi è ignota, soprattutto i comodini, riprendono il motivo dei serti di convolvoli ma non presentano decorazioni in bronzo dorato né piani in marmo.[5] Diremo dunque che la decorazione del comò qui esaminato è una delle più ricche dell’intero repertorio romano dell’epoca: raramente si include una così fastosa parure di metalli dorati e soprattutto un piano rivestito in maniera tanto preziosa.

[1] A. González- Palacios, Mobili d’arte, Milano, Fabbri, 1973, p. 68

[2] A. González- Palacios, Il Tempio del Gusto, Roma e il Regno delle Due Sicilie, Milano 1984, fig. 149. Idem Fasto Romano, catalogo della mostra a Palazzo Sacchetti, Roma, 1991, cat. 123. Misuravano cm 85x67x35 senza l’alzata.

[3] V. Hyde Minor, “References to Artist and Works in Chracas ‘Diario Ordinario’ 1760-1785”, in Storia dell’Arte, 46, 1982, p. 228.

[4] R. Valeriani, “La Spezieria di Santo Spirito in Sassia. Francesco Belli e i Cialli”, in Antologia di Belle Arti, 63-66, 2003, pp. 100-113

[5] I comò misuravano cm 135x60 (non si specificava l’altezza); i comodini cm 60x38. Ho illustrato quei mobili in A. González- Palacios, Il Tempio del Gusto, cit. p. 107, figg. 202-203.


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