Nato il 28 luglio 1878 a Volpedo, in provincia di Alessandria, Giuseppe Pellizza è stato un grande pittore italiano, importante esponente del movimento del neoimpressionismo.
Di umili origini, da ragazzo intraprese studi tecnici. Venne raccomandato dal famoso pittore Vittore Grubicy de Dragon, conosciuto dalla famiglia per via di alcuni affari, affinché potesse iscriversi presso la prestigiosa Accademia di Belle Arti di Brera. Qui, Pellizza ebbe modo di sviluppare il proprio grande talento artistico, anche grazie alla guida di alcuni dei suoi illustri insegnanti, fra i quali figuravano i celebri pittori romantici Francesco Hayez e Giuseppe Bertini.
Iniziò dunque a realizzare i propri primi dipinti moderni, regolarmente esposti presso le mostre artistiche locali, per poi decidere di proseguire la propria formazione artistica nell’ambiente romano: dapprima presso l’Accademia nazionale di San Luca, ed in seguito a Villa Medici, presso l’Accademia di Francia.
Tuttavia la parentesi romana non fu particolarmente felice: fu così che decise di ripartire anzitempo, recandosi a Firenze, presso l’Accademia delle Belle Arti, dove trovò come maestro il grandissimo pittore ed incisore Giovanni Fattori, tra i più grandi esponenti della corrente macchiaiola.
Mai soddisfatto dei risultati raggiunti, negli anni successivi proseguì a studiare in varie scuole artistiche, sotto l’ala di diversi illustri artisti e pittori: a Bergamo, presso l’Accademia Carrara, seguendo i corsi di Cesare Vittore Luigi Tallone, poi a Genova, presso l’Accademia Ligustica. Espose i suoi dipinti in numerose fiere artistiche di grande importanza, tra le quali si ricordano quelle di Parigi, Milano e Genova.
Negli anni successivi si avvicinò al Divisionismo del celebre pittore Giovanni Segantini, fra le sue più grandi fonti d’ispirazione.
Agli inizi del 1900 terminò la sua opera più nota, il dipinto Il Quarto Stato, al quale dedicò anni di lavoro e fatiche. Tuttavia il quadro, contrariamente alle aspettative di Pellizza, riscosse critiche e polemiche, fatto che portò alla rottura tra lui e la comunità artistica dell’epoca.
Sempre più deluso, scoraggiato e depresso, poco tempo dopo l’improvvisa morte della moglie, Teresa Bidone, che lo gettò nello sconforto più totale, si tolse la vita nel suo studio di Volpedo il 14 giugno del 1907, impiccandosi.