Nato il 12 agosto 1833 a Sesto San Giovanni, Federico Faruffini fu un artista italiano che dedicò la sua vita a due arti in particolare: la pittura e l’incisione.
La famiglia di Federico era abbastanza agiata: il padre, Paolo Faruffini, era un farmacista che aveva sposato Giuseppa Albini e si era trasferito a Milano nel 1822 per svolgere la sua attività, un’attività che a quei tempi gli procurava abbastanza denaro da permettere ai suoi due figli, Federico e Giacomo, di intraprendere la carriera universitaria.
Tuttavia, sebbene il giovane Federico avesse accolto il desiderio della famiglia e si fosse iscritto presso la Facoltà di Giurisprudenza all’Università degli studi a Pavia (dove peraltro aveva studiato il fratello, presso la Facoltà di Farmacia), il suo interesse per l’arte prese ben presto il sopravvento sulla carriera universitaria, diventando la sua unica attività. Le notizie a questo proposito sono piuttosto discordanti: in una mostra a cui aveva partecipato a Brera, il pittore si era definito licenziato in Legge, ma secondo i dati di archivio in possesso della stessa Facoltà, Federico Faruffini non aveva mai concluso gli studi.
Se da un lato le notizie sulla sua carriera universitaria non sono entusiasmanti, il Faruffini mostrò un notevole impegno nella carriera artistica che aveva intrapreso frequentando, a partire dal 1848, la Civica Scuola di Pittura di Pavia insieme ad un altro pittore ottocentesco, Giacomo Trecourt, con cui collaborò per molti anni fin quando, nel 1856, i loro rapporti si interruppero in maniera burrascosa.
Dal punto di vista stilistico, è notevole l’influenza del Trecourt in alcune delle sue opere iniziali, ma negli anni più maturi (e già con l’opera Cola di Rienzi che dalle alture di Roma ne contempla le ruine, con cui partecipò all’Esposizione di Brera (nel 1856), l’artista iniziò il suo percorso di distacco dalla prima formazione, preferendo invece lo stile cromatico del Carnovali.
Nonostante i suoi dipinti famosi siano stati molto apprezzati, l’artista non dovette avere vita facile: risulta, infatti, che si suicidò nel 1869, a Perugia, con il cianuro di potassio.