Angelo Inganni nasce a Brescia nel 1807 e giovanissimo, insieme al fratello più grande, intraprende la strada artistica nella bottega del padre. Il suo impegno e la sua vena artistica lo premiano con parecchie commissioni di dipinti di soggetti sacri, per chiese di campagna di Brescia.
Questi impegni di lavoro lo rendono responsabile fin da subito e il giovane e laborioso pittore italiano, nel 1827, anno importante che segnerà il suo futuro, viene convocato alle armi nel battaglione Cacciatori a Milano. In questo contesto desta l’attenzione del maresciallo Radetzky, che gli chiede di eseguire il suo ritratto, alleggerendolo del servizio militare e dandogli la possibilità di iscriversi nel 1833 all’Accademia di Brera, dove avrà tra gli altri Giovanni Migliara come maestro.
Espone lavori di paesaggio e vedute nelle mostre annuali dell’Accademia, riscuotendo molti apprezzamenti dalla critica. Apre uno studio a Milano e diventa uno dei più ricercati vedutisti del XIX secolo. Riceve commissioni dalla nobiltà e dalla borghesia da tutto il territorio Lombardo-Veneto.
I suoi dipinti sono caratterizzati dalle realistiche vedute lombarde e da personaggi popolani, questo in una chiara antitesi al neoclassicismo, e già in sintonia con il romanticismo. Torna spesso a Brescia, e nei primi anni 40 espone all’Ateneo, una mostra ispirata alle scene di vita contadina.
Dal 1845 comincia in lui un piccolo cambiamento, decide di dedicarsi all’affresco, e lavora nella Chiesa di S. Marco prima e nella cupola di S. Carlo al Corso successivamente.
Alla morte della moglie, si trasferisce a Gussago e, dopo gli anni ’50, diventa sempre più rara la sua presenza alle mostre, continua a dedicarsi a scene di vita contadina e a rappresentazioni di vedute notturne.
Nel 1853 è a Parigi per prendere parte a un’esposizione parigina. Poi lo ritroviamo di nuovo a Milano, presente in molte mostre milanesi con vedute di Milano e di Brescia. Muore nel 1880 a Gussago mentre era alle prese con un dipinto per il monumento delle Cinque Giornate.