“Un pittore vive in mezzo ai suoi colori come il musicista, il quale non si separa mai dai suoi suoni, tutti e due pensano continuamente ad organizzarli e a scoprirne le combinazioni e gli aspetti più segreti e più improbabili. In solitudine, essi provano e poi provano ancora per vedere e sentire, se mettendo insieme gli elementi del loro linguaggio, ne risulterà un’opera compiuta.”
(Piero Dorazio, L’oeil écoute, cat. Valente Arte, Finale Ligure, 1986)
Nel 1945 finisce la seconda guerra mondiale, chiudendosi uno dei capitoli più tristi, lunghi e sanguinari che la storia umana ricordi: per la prima volta nella storia, insieme agli eserciti erano stati coinvolti anche civili che hanno visto sgretolarsi davanti ai loro occhi intere città. Il patrimonio artistico aveva subito danni irreparabili: molti tesori erano stati trafugati, e molti altri ancora erano andati distrutti. I sei anni del conflitto aveva creato una vera è propria spaccatura tra tutto ciò che è stato prima e dopo sia nella situazione sociale che artistico. Le correnti artistiche che sono quindi nate nel periodo del dopoguerra sono frutto della ricerca spasmodica di novità, nel tentativo di cancellare tutto ciò che stato creando a una nuova corrente di pensiero che spezza i legami con la classicità e con tutto quello che è stato e che è stato spazzato via dalla crudeltà della guerra. E in questo clima di rinnovamento che si affermano movimenti artistici quali il MAC (Movimento per l’Arte Concreta) nato nel 1948 a Milano, fondato da Atanasio Soldati cui aderì quello che poi fu considerato il padre dell’astrattismo geometrico Dorazio Piero.
Nato a Roma nel 1927, inizia da giovanissimo a interessarsi alla corrente dell’astrattismo, iniziando a collaborare con artisti quale Lucio Manisco, Mino Guerrini e Achille Perilli, avvicinandosi, nei primi anni del dopoguerra allo studio di Renato Guttuso, avvicinando alla corrente del realismo socialista, che lasciò quasi subito. Dal 1947 al 1948 Dorazio Piero venì coinvolto in numerose attività culturali: figura tra i firmanti del Gruppo Forma 1 insieme a Ugo Attardi, Achille Perilli, Pietro Consagra e altri; vince una borsa di studio dell’École nationale supérieure des beaux-arts di Parigi, dove risiederà per un anno e partecipa alla rassegna internazionale di arti figurative di Roma. Insieme a Perilli e Guerrini, crea nel 1950 a Roma la libreria-galleria “L’Age d’Or”. Nel 1953 inizia la sua avventura negli Stati Uniti: all’apice della sua carriera decide di stabilirsi definitivamente a New York dove vive insieme alla moglie Virginia Dortch. Nel 1954 iniziano le sue prime esposizioni alla Wittenborn One-Wall Gallery e nella Rose Fried Gallery. Durante la sua permanenza nella città newyorkese, ha la possibilità di conoscere personalità influenti come i pittori Willem de Kooning, Mark Rothko, Jackson Pollock, Barnett Newman, Robert Motherwell ed il critico d’arte Clement Greenberg. Sono questi gli anni in cui deciderà di avvicinarsi agli scritti di Kandinsky che influenzerà notevolmente il suo stile artistico introducendo quell’aspetto immateriale che hanno reso negli anni i suoi quadri unici nel suo genere. Nel 1957 torna in Italia continuando la sua attività espositiva, e dedicandosi periodicamente a viaggi artistici in diverse città europee, cosa che contribuì notevolmente ad aumentare la sua popolarità. Sino al 2005, anno della sua morte ha continuato a lavorare incessantemente, partecipando attivamente a iniziative culturali e organizzando mostre, esposizioni mantenendo sempre viva la sua arte e la sua voglia di condividerla. Le sue opere piene di colore e geometria, conducono quasi per mano chi le guarda in un mondo astratto dove l’armonia delle forme geometriche riconduce a una specie di armonia suprema che non ha eguali. La scelta prevalente dei colori primari è un modo dell’artista di non scendere a compromessi, un modo netto per definire con concretezza “astratto” della realtà: le forme geometriche armonizzate su tela, riproducono una realtà che non si vede con gli occhi della mente ma dell’anima, creando a quella spaccatura tra realtà e immaginazione creando una specie di rifugio per il cuore che si perde nel tripudio di colori.