Edoarda Emilia Maino, detta Dadamaino, nacque a Milano nel 1930. È stata un’artista appartenente all’avanguardia milanese, con la sua poetica ispirata al capovolgimento dei concetti di produzione seriale.
Avendo iniziato tardi a dedicarsi all’arte, espose i suoi primi dipinti astratti solo nel 1956 in mostre collettive. In quegli anni aderì appunto al movimento avanguardista, che aveva come punto d’incontro il Bar Jamaica.
Le sue prime opere, i Volumi, sono tele con grandi buchi di forma ellittica, dietro cui l’artista vedeva un muro pieno di luci ed ombre che vibravano e si muovevano.
Dadamaino aveva tentato diverse volte di partecipare alla mostra “La donna nell’arte contemporanea” senza mai riuscirci. Nel 1959, finalmente, riuscì a portare un suo quadro, anche se non venne rappresentato a catalogo.
Aderì al gruppo milanese Azimuth, fondato da Piero Manzoni, che stringeva contatti con il Gruppo Zero in Germania, il gruppo Nul in Olanda e il gruppo Motusin Francia. Negli anni sessanta presentò i suoi dipintia molte mostre in Inghilterra, Svizzera, Germania, Olanda, Belgio, Francia, Spagna. Ottenne più riconoscimenti all’estero che in Italia.
Nel 1967 espose a Milano presso la Galleria Il Cenobio nella mostra “La Nuova Tendenza”, di cui fu una dei fondatori insieme a Bruno Munari ed Enzo Mari.
Nella seconda metà degli anni Settanta realizzò l’Alfabeto della mente, composto da caratteri inventati, ciascuno dei quali era formato da vari segni di tipo alfabetico, che l’artista utilizzava per scrivere una serie di “lettere” che consistevano ogni volta nella ripetizione di un singolo segno.
Iniziò poi a lavorare per l’opera I fatti della vita, che venne anche esposta alla Biennale di Venezia. I lavori erano formati da 461 dipinti su tela e su carta, scritti con i dodici segni ideati da lei.
Dadamaino era sempre in prima linea nei movimenti di contestazione, veniva spesso invitata a mostrare le sue ricerche, soprattutto alla Biennale.
Morì a Milano nel 2004.