Barabino Angelo nacque a Tortona nel 1883. A soli diciassette anni iniziarono i suoi studi presso l’Accademia di Brera che abbandonò una volta conosciuto il maestro G. Pellizza di cui divenne allievo con il quale iniziò a lavorare presso lo studio di Volpedo sino alla morte del suo mentore.
Grazie al Pellizza riuscì ad avvicinarsi al divisionismo sebbene non assorba in modo programmatico. Alla Biennale di Brera, espose il quadro Rapina che gli permise di acquisire una notevole visibilità in grado di permettergli di organizzare la prima mostrapersonale ad Alessandria.
Furono questi gli anni in cui furono realizzate opere come Fiori selvatici, il figlio, Pioppi a Scriva e l’Annegato. Barbino, dopo la prima guerra mondiale, si trasferì a Venezia, dove vi trascorse due anni e con l’avvento del fascismo decise di trasferirsi definitivamente a Tortona.
Espose alcune opere alla Promotrice di Torino con un Paesaggio e Fine di un giovane contadino, Mattino estivo e Idillio. Molte altre furono esposte in alcuni suoi personali a Sanremo e della stessa Tortona. Nel 1929 andò in Venezuela per invito di alcuni suoi amici italiani, portando con sé opere quali La visione del morto, L’ira di Dio e la Partenza che furono tutte esposte a Caracas.
Nuovamente in Italia si dedicò per lungo tempo alla pittura paesaggistica e continuò a dedicarsi alla pittura sino alla fine dei suoi giorni. La sua pittura paesaggistica dai toni gradevoli velati da una sottile coltre divisionista rese la sua pittura profondamente legata al tono naturalista come si può notare con Riflessi di Tramonto, Meriggio a Torre e la Capella del vecchio cimitero. Morì a Milano nel 1950.