Attilio Pratella, uno dei pittori italiani più apprezzati ed ammirati dell’ottocento, nacque in Romagna nel 1856. Cresciuto con la famiglia romagnola, Attilio dimostrò sin da bambino un grande interesse per il disegno e l’arte.
Nel 1872, a soli sedici anni, gli viene commissionata l’illustrazione di un libro di chirurgia. Frequentò l’Accademia delle Belle Arti di Bologna dove fece amicizia con vari artisti e conobbe Giovanni Pascoli con il quale illustrò alcuni volumi.
Nel 1877 vinse una borsa di studio che gli consentì di trasferirsi a Napoli. La borsa di studio gli venne ritirata ritirata quasi subito ma Attilio Pratella, innamorato della città partenopea si rifiutò di partire e grazie all’aiuto della famiglia Palizzi e di qualche lavoro riuscì a mandare avanti i suoi studi e la carriera d’artista.
Inizialmente si dedicò alla decorazione di scatole di dolciumi per Van Bol, quindi passò alla decorazione di ceramiche per la fabbrica Cacciapuoti ed infine si ritrovò a dipingere “macchiette” per Mastu Ciccio per non fare la fame.
Nel 1880 dunque, Attilio Pratella, proseguì gli studi nell‘istituto di Belle Arti, frequentando la scuola di Resina e stringendo amicizia con vari artisti fra cui Giuseppe De Nittis, che in un secondo momento lo abbandonerà per andare a lavorare a Parigi.
Dal 1881, Pratella espose alla Promotrice Salvator Rosa le sue opere nelle mostre collettive di cui si stancò nel secondo decennio del Novecento dedicandosi alle mostre personali. E’ di questo periodo il quadro “Verde” che riscuote un notevole successo.
“Il mattino” è un’altra delle prime opere celebri del Pratella, del 1887 esposto per l’appunto alla Promotrice Salvator Rosa.
L’ascesa al successo tuttavia, fu tutt’altro che facile: nel 1880, Attilio fu un esponente del naturalismo partenopeo, innamorato degli splendidi paesaggi della sua città d’adozione. Nella sua pittura sembrano affiorare i tratti dell’Impressionismo, per tale motivo verrà definito un tardo impressionista, ma in realtà il suo stile inizialmente è molto vicino alla scuola di Posillipo per poi diventare sempre più personale.
Delicata, precisa e suggestiva sono i tratti che meglio rappresentano la sua pittura, difatti il vero problema dell’epoca, dell’ascesa del Pratella al successo, era rappresentato dai committenti napoletani, che avevano in mente una precisa idea del bello (ovvero tutto ciò che rappresentava la società napoletana come giusta e gioiosa) che non amavano venisse contraddetta, inoltre più che esser amanti dell’arte erano più legati al ruolo del mecenate “generoso” che acquistava le opere d’arte più per bontà d’animo che per motivi estetico-artistici.
Per tanto, per sopravvivere, Attilio Pratella fu costretto ad adattare le sue opere ed a produrre pezzi sempre meno raffinati e più commerciali. Morì nella città partenopea nel 1949.