Scrittore e pittore nato a Rignano sull’Arno nel 1879, Ardengo Soffici abbandonò presto le scuole dell’obbligo per dedicarsi completamente al mondo della pittura. Visse a Parigi per diversi anni della sua adolescenza e nel 1907 tornò in Italia diventando uno dei principali collaboratori della Voce.
Partecipò attivamente alla guerra del 1915-18, collaborò alla fondazione del Popolo d’Italia e fu sostenitore convinto del fascismo. Iniziò la sua carriera di critico d’arte intorno al 1939, anno in cui fu nominato accademico d’Italia. Tale attività la svolse con estrema violenza polemica, finalizzata a demolire e a usurpare o valorizzare le maggiori personalità dell’impressionismo e del postimpressionismo francese.
La pittura di Soffici subì diverse influenze legate all’esperienze con l’avanguardia, alle ingerenze del futurismo e del cubismo diventando via grande esponente per poi passare nel primo dopoguerra sulle posizioni tradizionali dettate di un temperamento sanamente provinciale, tipico della sua indole toscana.
La sua carriera da scrittore produsse di opere tra le quali Ignoto toscano e Flemmoni Boreo, ma di grande importanza fu la sua carriera da pittore in cui ricordiamo opere come la Giostra dei sensi, Arlecchino e Giornale di bordo. La sua arte rievoca il suo amore per la vita e la natura che riecheggia nelle sue opere paesaggistiche a cui si accostano le sue doti ritrattistiche.
Tra le sue opere più famose ricordiamo la ritirata del Friuli, Taccuino di Arno Borghi, Ricordi di vita artistica e letteraria, e l’uva e la croce, la fine del monto e il salto vitale. Popolari furono anche gli scritti il Caso Rosso, l’impressionismo, cubismo e futurismo, Statue e Fantocci, D’ogni erbe un fascio e Salti nel tempo.
La sua produzione pittorica rispecchia la sua posizione di critico e di anticonformista, non mai notevole ma fedele alla tradizione. Grande fonte d’ispirazione per la sua arte fu l’artista Cèzanne, che fu per lui una vera e propria fonte di idee. Morì a Vittoria Apuana di Forte di Marmi nel 1964.