Carlo Ceresa fu uno dei più noti pittori bergamaschi del periodo secentesco, che si distinse come ritrattista e come autore di dipinti dal soggetto sacro. Nato nel 1609 a San Giovanni Bianco in Val Brembana, la sua infanzia non fu caratterizzata da studi artistici poiché la famiglia viveva in povertà, così il Ceresa si interessò alla pittura completamente da autodidatta.
All’età di vent’anni l’artista esegue già i primi affreschi nelle chiese dei paesi limitrofi mentre i suoi ritratti risultano già dotati di forte espressività.
Una delle prime opere in cui si riconosce il tocco del Ceresa è l’Addolorata col Cristo morto, in uno stile di semplicità votiva con richiami al manierismo, a cui segue la rappresentazione di S.Rocco, S. Sebastiano e S.Gerolamo nella pala della parrocchiale della Pianca a San Giovanni Bianco, quadro votivo fatto eseguire dopo lo scampato pericolo della peste.
Attorno al 1640 il Ceresa giunge ad una maturità artistica, dovuta anche al contatto con le opere di Daniele Crespi, che gli permette di esprimersi in uno stile proprio senza bisogno di rifarsi a maestri e modelli passati.
Di cui la Crocifissione con la Maddalena e due Disciplini è un esempio lampante. Nel 1653 il matrimonio con Caterina Zignoni, proveniente da una famiglia benestante, gli consente di introdursi nella cerchia borghese ed aristocratica di Bergamo, della quale diverrà il più richiesto ritrattista. Luminismo, naturalismo ed essenzialità sono i tratti caratteristici dei suoi dipinti, che rappresentano fede e devozione quasi tangibili, accostabile quindi ad uno stile di “pittura della realtà”, nonostante i soggetti sacri.
Tra la vasta produzione di opere del Ceresa da ricordare sono la Madonna in gloria e santi di Ponteranica, datata 1648, San Vincenzo in gloria che protegge la città nella cattedrale di Bergamo, e l’Annunciazione e l’Angelo Custode tra i Santi Serafino e Giorgio, ultimo quadro con data 1674. Il Ceresa ritrattista eseguì d’altra parte numerosi dipinti per le famiglie borghesi del tempo, dimostrando sempre semplicità ma altrettanta cura in alcuni particolari come l’accuratezza nel riportare i ricami barocchi di stoffe e merletti. Muore nel 1679 a Bergamo, trasmettendo a due dei suoi figli, Giuseppe ed Antonio, la passione per la pittura.